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martedì 30 settembre 2008

Lo sapevate che ……………

Il Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive ha avviato dei progetti importanti per rendere i giovani responsabili, prima possibile, delle proprie decisioni e autonomi rispetto la famiglia.
Il Ministero per le Politiche Giovanili ha agito in particolar modo sulla casa, fornendo sostegni consistenti per pagare gli affitti.
Infatti chi ha tra i 20 e i 30 anni potrà detrarre per i prossimi 3 anni fino a 990 euro all’anno se ha un reddito entro i 15.400 euro e 500 euro se il reddito non supera i 30.000 euro.
Aiuti sono previsti anche per gli studenti universitari che vivono fuori sede ma che sono ancora a carico dei genitori. In questo caso è prevista una detrazione del 19%; un'iniziativa, tra l’altro, che vuole incentivare una più positiva competizione tra le diverse città che sono sedi universitarie.
Ma le iniziative si spingono oltre, incentivando una pratica diffusa come il co-housing attraverso uno stanziamento di 15 milioni di euro; saranno finanziate nuove forme di intermediazione per gli affitti, ma anche progetti di riqualificazione edilizia che si inseriscono in un più ampio piano di edilizia popolare a cui la finanziaria 2008 ha stanziato 550 milioni di euro.

Avete lamentele scritte da fare al vostro legale ?

Le lamentele scritte al proprio legale sono lecite a patto che siano vere.
Lo ha deciso la V sezione penale della Corte di cassazione con la sentenza n. 13089/08.

Attenti però perché se prive di fondamento si rischia una condanna per diffamazione.

La Corte ha precisato che quando le espressioni utilizzate non sono offensive non si commette reato e per non incorrere in questo le lamentele debbono essere contenute nei limiti del diritto di critica senza mai dimenticare che deve sussistere il requisito della verità del fatto riferito e criticato.

Cari amici attenzione a quello che riferite alle amiche.

D'ora in avanti è meglio non fidarsi.

Fà riflettere, infatti, la sentenza n. 20612 della Corte di cassazione, V sez., la quale, ha deciso che "Enfatizzare il difetto lede la reputazione ma comporta anche dileggio per chi è insoddisfatto" e configura il reato di ingiuria.

A pagarne le spese un fiorentino, 49enne, denunciato, pensate, da una amica che in seguito ad una litigata le aveva rinfacciato di avere frustrazioni sessuali.
In sostanza (così dice la sent. 20612/08), l'uomo che ci aveva provato evidntemente aveva detto alla donna: "se sei insoddisfatta sessualmente perché tuo marito non ti soddisfa, cercati un altro...".

Questa frase ha mandato su tutte le furie la donna che non ci ha pensato due volte per denunciarlo nonostante l'amicizia. Inutili tutte le difese dell'uomo che è stato condannato dalla Corte di cassazione anche con la multa.
D'ora in avanti, quindi, è meglio non scherzare su certi argomenti neanche con le amiche.

Finalmente qualche giudice ha preso il coraggio di mettere in dubbio la questione “parcheggi a pagamento”.

È il T.A.R. del Lazio che ha assunto l’incarico di fare, con una sentenza, da apripista su un ricorso del Codacons. La questione è quella relativa ai parcheggi o meglio quelli dipinti da strisce blu. Ormai saturi in tutta Italia. Una vera vergogna.

Secondo il T.A.R. Lazio la delibera del Comune di Roma che istituisce i parcheggi a pagamento ora annullata non chiarisce la ragione per la quale la zona (io direi tutta Roma) è stata delimitata “di particolare rilevanza urbanistica” riducendosi, a tal riguardo a ricordare uno “studio” non allegato al provvedimento e che pertanto non può essere considerato idoneo ad integrare una valida motivazione, neanche “per relationem”.
La sentenza assunta sulla base di una autorevole giurisprudenza (Cass. Sez. Unite n. 116/07) pone fine per ora alle attività di una società che non è “soggetto terzo” (ed imparziale), avendo un chiaro interesse alla effettuazione dei parcheggi a pagamento. Infatti la Corte di cassazione condanna come illecita la violazione da parte dei Comuni dell’obbligo di istituire zone di parcheggio gratuito e libero in prossimità di aree in cui è vietata la sosta o previsto il parcheggio solo a pagamento.
Di seguito la impostante sentenza.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. Reg. Sent. 218
Anno 2008
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO
N. Reg. Ric.
- SEZIONE II^ -
composto dai Signori:
Cons. Dott. Luigi Tosti, Presidente;
Cons. Avv. Carlo Modica de Mohac, Relatore;
Primo Ref. Dott.ssa Anna Bottiglieri, Componente;
ha pronunciato la seguente
s e n t e n z a

sul ricorso n. reg. gen. 2001-2008, proposto dall'associazione codacons - coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell'ambiente e dei consumatori , in persona del legale rappresentante, nonché dei Signori Francesco ..., Valentina ..., Serena ..., Renzo ..., Simona ..., Luca ..., Renzo ..., Emanuele ..., Roberto ..., Maria Grazia ..., Mario ..., Luca ..., Sandro ..., Claudio ..., Marco ...ed Edoardo ... n.q. di legale rappresentante della società ... s.r.l., rappresentati e difesi dall'Avv. Prof. Carlo Rienzi, unitamente al quale eleggono domicilio presso l'Ufficio legale Nazionale del codacons, in Roma, Viale Mazzini n. 73;
contro
il Comune di Roma in persona del Sindaco e/o del Commissario Straordinario p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. Andrea Magnanelli, unitamente al quale elegge domicilio presso gli uffici dell'Avvocatura comunale, in Roma, Via del Tempio di Giove n.21;
e nei confronti
della societa' s.t.a. societa' trasporti automobilistici s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., non costituitosi in giudizio;
della società atac spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giorgio Da Ros e Francesca Cangiano, presso lo studio dei quali, in Roma, Via delle Mura Portuensi n.33, e' elettivamente domiciliato;
per l'annullamento,
previa sospensione
della delibera di G.M. n. 104/2004 del Comune di Roma, recante Ulteriore ridelimitazione delle zone di particolare rilevanza urbanistica nelle quali sussistono esigenze e condizioni particolari di traffico, ai sensi dell'art. 7, commi 8 e 9, del Codice della Strada (decreto legislativo n. 285 del 1992);
ove occorra, della delibera di GM n.320 del 2002, recante l'approvazione del contratto di servizio per la gestione della sosta a pagamento e della sosta con guardiania e manutenzione dei parcheggi di scambio tra il Comune di Roma e la S.T.A. s.p.a., della determina dirigenziale del Comune di Roma n. 1514/2007;
di tutti gli atti, dagli estremi ignoti, con i quali il Comune di Roma ha accertato la rilevanza urbanistica dell'area Ostiense X-C;
di tutti gli atti, dagli estremi ignoti, con cui il Comune di Roma ha autorizzato l'installazione di soste tariffate nelle strade indicate in ricorso;
di ogni atto presupposto, conseguente o comunque connesso.
e per la restituzione
agli utenti delle somme da questi indebitamente versate a fronte dell'illegittimo aumento del numero delle aree riservate al parcheggio a pagamento, ai sensi e per gli effetti dell'art.140 bis del D. lgs. n. 206/2005.
Visti gli atti depositati dal ricorrente;
visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni resistenti;
visti gli atti tutti della causa;
designato relatore il Consigliere Avv. Carlo Modica de Mohac;
uditi, alla pubblica udienza del 16.4.2008, l'Avv. C. Rienzi, l'Avv. G. Giuliano, l'Avv. F. Cangiano e l'Avv. A. Magnanelli;
visti gli artt. 21, comma X, e 26, comma IV, della L. 6 dicembre 1971 n. 1034, modificati, rispettivamente, dall'art. 3, comma III, e dall'art.9, comma I, della L. 21 luglio 2000 n. 205;
considerato che nell'ultima udienza camerale le parti presenti sono state avvertite della eventualità che la sentenza venisse decisa, ai sensi della normativa sopra citata, mediante sentenza in forma semplificata;
ritenuto che sussistono i presupposti per definire immediatamente il merito mediante sentenza in forma semplificata;
ritenuto in fatto:
che l'art. 7 del codice della strada consente all'Amministrazione comunale di realizzare parcheggi a pagamento, a condizione che vengano contemporaneamente realizzati, nelle immediate vicinanze, parcheggi gratuiti;
che ai sensi della predetta norma, e' possibile procedere all'istituzione di parcheggi a pagamento senza la contemporanea istituzione di parcheggi gratuiti solamente nelle zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dalla giunta, nelle quali sussistano esigenze e condizioni particolari di traffico;
che nell'area Ostiense X-C il Comune di Roma ha fatto installare parcheggi a pagamento (con orario fino a notte inoltrata) senza riservare alcuna area a parcheggio libero; e che le strisce blu (indicative delle piattaforme di parcheggio a pagamento) sono state istituite persino su vie secondarie, prive di abitazioni e di negozi;
che pertanto, con diffida notificata ai sensi dell'art. 140 della L. n. 2006 del 2005, l'associazione ricorrente ha chiesto, unitamente ad alcuni cittadini residenti nel quartiere, di prendere visione degli atti relativi all'istituzione dei parcheggi in questione, al fine di verificare la legittimità dell'azione amministrativa e di tutelare - secondo la propria funzione istituzionale - gli interessi collettivi degli utenti eventualmente pregiudicati; nonché di ridimensionare i parcheggi a pagamento in modo da ripristinare il giusto rapporto fra parcheggi gratuiti e parcheggi a pagamento;
che con nota prot. 79556 del 17.12.2007 l'Amministrazione ha risposto, affermando che i parcheggi a pagamento erano stati istituiti in base alla determinazione dirigenziale n. 1514 del 31.5.2007, a sua volta adottata sulla scorta delle delibere di GC n. 104 del 2004 n. 320 del 2002;
che, pertanto, con il ricorso in esame l'associazione ricorrente ed i cittadini interessati alla realizzazione di parcheggi gratuiti hanno impugnato le predette delibere unitamente a tutti gli altri atti e provvedimenti, ancorché ignoti, propedeutici o comunque connessi alla istituzione dei parcheggi in questione, e ne chiedono l'annullamento con vittoria di spese per le conseguenti statuizioni reintegratorie;
che il Comune di Roma si e' costituito in giudizio eccependo l'inammissibilità e comunque l'infondatezza del ricorso;
che si e' costituita in giudizio anche l'a.t.a.c. la quale ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità del ricorso per tardività e, in subordine, la sua infondatezza;
esaminati i motivi di ricorso;
ritenuto che l'eccezione di tardività sollevata dall'a.t.a.c. non merita accoglimento in quanto i ricorrenti hanno avuto notizia dell'esistenza e del contenuto specifico e lesivo degli atti impugnati solamente il 17.12.2007, a seguito della risposta del Comune alle loro richieste;
considerato che con il primo motivo di gravame i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell'art. 7, commi 7, 8 e 9 del Codice della Strada (D.lgs. n.285 del 1992), degli artt. 2 e 4 del DM n. 1444 del 1968, dell'art.3 della l. n. 241 del 1990, ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza della motivazione, deducendo che dalla delibera n.104 del 2004 (sulla scorta della quale sono stati istituiti i parcheggi a pagamento per cui e' causa) non si evincono le ragioni giuridiche e l'iter logico che hanno condotto alla sua adozione; e che il ragionamento su cui essa si fonda si appalesa contraddittorio e basato su un'istruttoria sommaria;
ritenuto che la doglianza merita di essere condivisa;
ritenuto, in particolare:
che la delibera non chiarisce la specifica ragione per la quale a zona e' stata definita di particolare rilevanza urbanistica; limitandosi, a tal riguardo, a richiamare uno studio che non risulta allegato al provvedimento (e che pertanto non può essere considerato idoneo ad integrare una valida motivazione, neanche per relationem);
che in ogni caso tale studio non appare affidabile essendo stato realizzato, per espressa ammissione della stessa Amministrazione, proprio dalla società s.t.a. s.p.a., la quale non e' un soggetto terzo (ed imparziale), avendo un evidente interesse alla realizzazione dei parcheggi a pagamento;
che, in definitiva, non v'e' traccia - agli atti di causa - di uno studio che dimostri, con dati obiettivi, come (ed in base a quale criterio) il numero dei parcheggi sia stato commisurato al fabbisogno effettivo; ed in che modo le esigenze dei residenti siano state considerate;
che, pertanto, il provvedimento appare adottato in mancanza di una idonea istruttoria;
che, conseguentemente, esso appare altresì sommariamente ed insufficientemente motivato;
che autorevole giurisprudenza (Cass. SS.UU. n.116/2007) ha gia' inaugurato un orientamento che stigmatizza come illegittima la violazione, da parte dei Comuni, dell'obbligo di istituire zone di parcheggio gratuito e libero in prossimità di aree in cui e' vietata la sosta o previsto il parcheggio solo a pagamento;
che, in definitiva, i provvedimenti in forza dei quali sono stati istituiti i parcheggi a pagamento per cui e' causa, sono meritevoli di annullamento, siccome viziati da eccesso di potere per carenza istruttoria e difetto di motivazione;
ritenuto, infine, che la domanda volta ad ottenere la restituzione delle somme corrisposte a titolo di multa, non possa essere accolta; e ciò in quanto l'infrazione per cui le multe sono state comminate (nella specie: il parcheggio abusivo) si configura come illecito di mera condotta (illecito che si perfeziona, cioè , per il puro e semplice fatto della violazione, a prescindere dalla concreta possibilità che la condotta realizzi l'evento dannoso o leda effettivamente un bene o un interesse giuridicamente protetto);
ritenuto, in definitiva, che in considerazione delle superiori osservazioni, il ricorso sia da accogliere nei sensi e nei limiti indicati, con conseguente annullamento, per quanto di ragione, dei provvedimenti impugnati, salvi gli ulteriori e motivati provvedimenti che l'Amministrazione intendesse adottare; e che sussistano giuste ragioni per compensare le spese fra le parti;

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. II^ , accoglie il ricorso nei limiti indicati in motivazione; e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati, salvi gli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione.
Compensa le spese fra le parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 16.4.2008.
il presidente
l'estensore
depositata il 28.5.2008

Mogli fedifraghe attente. Da oggi in poi potreste perdere tutto.

Mai fare sesso con l'amante in casa. Lo sostiene la Corte di Cassazione, poiché, si rischia di restituire al marito tutto ciò che si è ottenuto durante il matrimonio.
La Corte ha ritenuto tale atteggiamento ingrato ed "irriguardoso verso il marito" quindi la moglie deve restituire i beni "per ingratitudine".
Questo il principio della Corte, seconda sezione civile (sentenza 14093), che si espressa su un ricorso di una 69enne di Messina che, badate bene, nel 1975 è stata portata in Tribunale dal marito che ha chiesto ed oggi ottenuto la revocazione delle donazioni indirette eseguite in favore della moglie (all’epoca 33enne e madre di tre figli) avendo intestato a nome di lei la comproprietà di beni immobili acquistati con il proprio denaro.
Il fatto è che la 33enne (all’epoca) non vedeva il giovane amante 23enne fuori, ma lo chiamava nella casa coniugale dove facevano anche sesso.
Il tutto sino alla Scoperta della tresca da parte del marito.
Ora a distanza di ben 33 anni la Corte di Cassazione stabilisce che “l'ingiuria grave richiesta dall'art. 801 c.c. quale presupposto della revocazione dei beni consiste in un comportamento con il quale si rechi all'onore e al decoro del donante un'offesa suscettibile di ledere gravemente il patrimonio morale della persona, sì da rilevare un sentimento di avversione che manifesti tale ingratitudine verso colui che ha beneficiato l'agente, che ripugna alla coscienza comune". La donna ormai anziana ora dovrà restituire tutti i doni all'ex marito.

Corte di cassazione: si alle videoriprese verso luoghi pubblici da parte dei privati per difendere le proprie cose.

Interessante la sentenza n. 22602 della Corte di cassazione, V sezione penale, che stabilisce che le videoriprese ormai sempre più diffuse si devono fare dalla propria proprietà e al di fuori della “sfera di privata dimora di un singolo soggetto”.
Da oggi in poi si può installare una videocamera ed inchiodare il proprio vicino mentre mette in atto le proprie ritorsioni.
Ancora più importante è che sono “probatoriamente utilizzabili le videoregistrazioni effettuate dalla parte offesa di reiterati atti vandalici e di danneggiamento ai danni della porta del proprio appartamento, della porta dell’attiguo garage e della cassetta postale antistante l’ingresso dell’appartamento, dal momento che l’area interessata dalle videoregistrazioni, operate con telecamera sita all’interno dell’appartamento, ricade nella fruizione di un numero indifferenziato di persone e non attiene alla sfera di privata dimora di un singolo soggetto”.
Le riprese effettuate dalla pubblica via tramite camera esterna all’edificio per esempio verso l’ingresso di un privato edificio, balconi e cortili vanno “considerate legittime, e pertanto utilizzabili, le videoregistrazioni dell’ingresso e del piazzale di accesso a un edificio sede dell’attività di una società commerciale, eseguite dalla polizia giudiziaria dalla pubblica strada, mediante apparecchio collocato all’esterno dell’edificio stesso, non configurando esse un’indebita intrusione nè nell’altrui privata dimora, nè nell’altrui domicilio, nozioni che individuano una particolare relazione del soggetto con il luogo in cui egli vive la sua vita privata, in modo da sottrarla a ingerenze esterne, indipendentemente dalla sua presenza”

Interessante sentenza della Corte di cassazione a favore dei vù cumprà.

Se un immigrato offre un Cd in spiaggia non vi è l’arresto.
Lo stabilisce la Corte di Cassazione con la sent. 14705/08 che ha respinto un ricorso della Procura di Messina che lamentava l'erronea applicazione della legge penale posto che l'arresto avrebbe dovuto scattare anche per la “detenzione per vendere” dei cd e chiedeva l'arresto di un extracomunitario sorpreso in spiaggia con 238 tra CD e DVD privi di contrassegno Siae.
La Suprema Corte ricordando un provvedimento della Corte di Giustizia europea ha precisato che “la violazione dell'obbligo di comunicare alla Commissione ogni istituzione del contrassegno Siae per supporti di ogni tipo (cartaceo, magnetico, plastico) e di ogni contenuto (musicale, letterario, cinematografico), rende inapplicabile contro i privati l'obbligo del contrassegno stesso”.
Nel caso di specie anche il giudice di merito aveva stabilito di non confermare l'arresto perché il vu cumprà “era stato sorpreso nell'atto di mostrare la propria merce e di offrirla in vendita ma prima che si fosse perfezionata qual si voglia contrattazione”. Pertanto secondo la Corte di Cassazione il vu cumprà che mostra ai bagnanti i cd senza arrivare alla vendita deve essere lasciato libero.

Una sentenza questa della Corte di cassazione che mertita di essere segnalata.


A chi non è capitato nella vita di sentirsi dire da un medico di una struttura pubblica di rivolgersi ad uno studio privato ?
Io credo sia cosa diffusa questa in Italia anche per poter accedere (ricovero) all'interno degli Ospedali.
Ebbene la Corte di Cassazione VI sez. penale con la sentenza n. 27936/08 che condivido sembra far luce sulla questione dal momento che ha stabilito che commette il reato di abuso d'ufficio quel medico che con la scusa che nella struttura sanitaria pubblica non ci sono le apparecchiature necessarie indirizza i pazienti presso un'ambulatorio privato anziché verso altre strutture pubbliche.
I giudici della Corte di cassazione precisano che "la condotta del medico specialista di una struttura pubblica, il quale per conseguire un vantaggio patrimoniale, in violazione del dovere di astensione di cui all'art. 6 del d.m. 31 marzo 1994, indirizzi un paziente verso il laboratorio di cui egli sia socio, per l'espletamento di un esame che si sarebbe potuto eseguire anche presso una struttura pubblica della stessa città, integra il delitto di abuso di ufficio".
Con ciò preferendo perseguire i propri interessi anziché quelli della pubblica amministrazione.

Se la moglie è depressa non restare indifferente. Potrebbe essere motivo di addebito della separazione. Parola di Cassazione.

Nelle separazioni, ha stabilito la prima Sez. Civile della Corte di Cassazione (Sent. 19065/08), può essere ravvisato l'addebito al coniuge che è restato “indifferente” alla depressione dell'altro e che non gli ha fornito alcun supporto morale o economico.
La Corte ha sottolineato nel caso di specie la violazione da parte del marito "dell'obbligo di assistenza posto a suo carico dall'art. 143 c.c. in favore della moglie, quale ammalata e parte più debole nel rapporto; le circostanze di fatto riportate nella relazione del servizio sociale, da cui si è rilevato il distacco dell'uomo e la mancata cura della moglie, sono risultate in sostanza riferite anche dai testi di parte ricorrente, sentiti nel giudizio di primo grado”.
Attenti quindi alla violazione dei doveri di assistenza coniugale.

Multa per un passaggio col rosso ? Annullabile se ci sono anche i testimoni che sostengono il contrario.

Merita di essere segnalata la sentenza n. 21816/08 della II sezione della Corte di Cassazione, con la quale ha stabilito che la multa per un passaggio col rosso è annullabile se oltre al conducente ci sono i testimoni che sostengono il contrario.
Secondo la Corte infatti il pubblico ufficiale non è infallibile specie quando «i corpi-oggetti» sono in movimento.
Quindi è possibile che un vigile urbano, possa sbagliare ed essere tratto in inganno dall'errata percezione «di corpi-oggetti in movimento».
In assenza della moviola, la parola di un agente che fa una multa per «passaggio con semaforo rosso», può essere messa in discussione fino ad annullare il verbale davanti al giudice di pace.
Non è necessaria quindi in questi casi la querela per falso.
I testimoni possono dimostrare l'errata valutazione dei fatti «non trattandosi di una realtà statica ma di un corpo-oggetto in movimento» suscettibile di diverse ricostruzioni.
Occorre però evidenziare che il giudice di pace nel caso specifico aveva rigettato le testimonianze a favore della ricorrente, basandosi «sull'efficacia fino a querela di falso del verbale di contravvenzione».
La veridicità dei fatti, però, secondo i giudici della Corte di Cassazione «poteva essere inficiata da un eventuale errore nella percezione della realtà» e quindi il ricorso è stato accolto e la sentenza cassata con rinvio.
Con la stessa sentenza i giudici hanno anche stabilito che l'efficacia fino a querela di falso «non sussiste quando, le circostanze, in ragione della loro modalità di accadimento repentino non si siano potute verificare e controllare secondo un metro sufficientemente obiettivo ed abbiamo pertanto potuto dare luogo ad una percezione sensoriale implicante margini di apprezzamento».
In questo caso «quanto attestato dal pubblico ufficiale concerne non la percezione di una realtà statica (come la descrizione dello stato dei luoghi senza oggetti in movimento) bensì l'indicazione di un corpo o un oggetto in movimento».
Si devono compiere i «necessari accertamenti», quindi, ed il giudice di pace ha sbagliato proprio perchè «non ammettendo la prova testimoniale» non ha tenuto conto che i testimoni potessero fornire una versione diversa dei fatti.

Importante sentenza del Consiglio di Stato sull'accesso agli atti.

L’accesso va riconosciuto anche nei confronti degli atti interni in quanto documenti sottratti in forza di norme regolamentari della P.A..

Il Consiglio di stato, sez. VI, una volta per tutte, con la sentenza n. 3083 del 19.06.08 chiarisce il diritto di accesso agli atti che viene riconosciuto, stabilisce l'Alto Consesso, anche quando si tratta di relazioni tecniche relative alla determinazione di valori, importi e/o stime, ed anche quando il divieto sia imposto da norme regolamentari adottate dall’Ente.

La fattispecie riguarda appunto il formale diniego alla richiesta di accesso ad una relazione tecnica concernente la determinazione dei canoni d’uso per gli alloggi, detenuta da una Agenzia del Demanio.

L'aministrazione sosteneva invece che la relazione tecnica sarebbe esclusa dal diritto di accesso a norma dell’art. 10, comma 3, punto b) del provvedimento in data 24.1.2007 dell’Agenzia del Demanio, riferito alle “relazioni tecnico-descrittive, prodromiche alla stima dei beni dello Stato”.

Ma il Consiglio di Stato, ha ritenuto di riconoscere l'ampia garanzia prevista dall’art. 24, co. 7, L. n. 241/90 e s.m.i. perchè il ricorrente avrebbe dovuto “curare e difendere i propri interessi giuridici” peraltro in un procedimento giurisdizionale in corso contro la stessa amministrazione.

Interessante sentenza sul disturbo alla quiete pubblica.

Interessante sentenza quella della Corte di Cassazione che ha condannato il datore di lavoro per il chiasso dei propri dipendenti.
In sostanza i dipendenti arrecavano disturbo alla quiete pubblica e a finire sotto processo è stato il datore di lavoro al quale spetta secondo la sentenza n. 36737/08 il compito di "impedire il disturbo". Nel caso di specie disturbo del riposo e della quiete pubblica (art. 659 c.p.).
Inutile il ricorso del datore di lavoro ritenutosi ingiustamente condannato.
Prevale nel caso di specie la responsabilita' oggettiva. E a nulla rileva che i rumori molesti erano provocati dai suoi dipendenti.
La Corte ha sottolineato che era dovere del titolare dell'azienda impedire il disturbo al riposo delle persone.
così come il gestore di un bar risponde degli schiamazzi che siano posti in essere dagli avventori.

Interessante sentenza sulla cattiva manutenzione delle strade comunali.

Buche stradali a Roma

La Corte di cassazione, IV sez. penale, con la sentenza n. 36475/08 ha stabilito che il Sindaco (nel caso di specie anche con delega ai lavori pubblici) nonchè il responsabile dell'ufficio tecnico comunale rischia una condanna per "lesioni colpose" in caso di lesioni riportate dai cittadini per cadute sulle strade comunali dissestate per la mancata verifica da parte loro circa la manutenzione delle strade.

Interessanti sentenze sugli incendi propagati dai veicoli in sosta e quelli privi di assicurazione rca.

Meritano di essere segnalate le sentenze della Corte di Cassazione civile, sez. III, del 22.5.08, n. 13239 e quella della sez. II del 2.9.08 n. 22035.

Cona la prima la Corte ha stabilito infatti che anche l’incendio che si propaga dal veicolo in sosta deve considerarsi un evento relativo alla circolazione stradale con conseguente diritto di azione diretta del danneggiato verso l’assicuratore del veicolo salvo che l’incendio stesso non derivi dall’azione dolosa di terzi la quale è da sola sufficiente ad escludere il nesso di causalità tra la circolazione e l’incendio (Cfr. Cass. 5033/2000, 4575/1998 e 950/1992, 11467/1990).

Con la seconda ha confermato che le auto vecchie abbandonate per strada devono avere la copertura assicurativa. Infatti, "L’art. 1, L. 24 dicembre 1969, n. 990 prevede l’obbligo dell’assicurazione della responsabilità civile per i veicoli a motore posti in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate” e l’art. 2, 1° co., d.p.r. 24 novembre 1970, n. 973, contenente il regolamento esecutivo della Legge n.990 del 1969, dispone che “Sono considerati in circolazione anche i veicoli in sosta su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate”.

Quanto a questi ultimi, la Corte ha affermato che i veicoli, ancorché privi di parti essenziali per un’autonoma circolazione o fortemente danneggiati od usurati, non sono esclusi dall’obbligo assicurativo se non risulti la prova della loro assoluta inidoneità alla circolazione e la loro sostanziale riduzione alto stato di rottame, non rilevando in contrario neppure la circostanza che il proprietario abbia raggiunto accordi con terzi per provvedere all’asporto ed alla successiva demolizione (cfr.: cass. civ., sez. I, sen . 29 novembre 2004, n. 22478; cass. civ. sez. I, sent. 9 maggio 1991, n. 5189; cass. civ., sez. I, sent. 15 giugno 1988, n. 4086).

L'affermazione in conformità alla disposizione dell’art. 7, n. 3, lett. 1), voce 16.01.00 all. A, dell’ abrogato d.lgs. n. 22/97 (vedi ora per una identica formulazione l’art. 184, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152), secondo la quale costituisce requisito oggettivo per la classificazione come fuori uso dei veicoli a motore, rimorchi e simili, l’assoluta impossibilità materiale od inconvenienza economica del ripristino dell’idoneità del veicolo alla circolazione, con la quale doveva concorrere ai fini della loro qualificazione come rifiuti anche l’ulteriore requisito soggettivo dell’essersi di essi il detentore di disfatto o di avere egli deciso l’obbligo di disfarsi, richiesto dall’art. 6, n. 1 lett. a) dello stesso d.lgs.