In occasione della Giornata Mondiale della Consapevolezza sull'Autismo, che si è svolta il 2 Aprile u.s., focalizziamo la nostra attenzione su un aspetto assolutamente cruciale, e cioè sull'importanza della diagnosi precoce.
Che cos’è l’autismo?
Si tratta di un disturbo del neurosviluppo, frutto di
una complessa interazione tra patrimonio genetico e fattori ambientali. Il
DSM-5 del 2013 contempla per la prima volta l’espressione “disturbi dello
spettro autistico”, a dimostrazione del fatto che non esiste un unico profilo
autistico ma che ne esistono innumerevoli forme.
Questo dato porta ad affermare che il modo in cui le
persone con autismo imparano, pensano, agiscono e risolvono problemi è del
tutto variabile e che ognuno ha una serie distinta di punti di forza e di
criticità.
Il concetto di “spettro” evidenzia, peraltro, come
esistano vari livelli di funzionamento, all’interno dei quali vi sono soggetti
aventi un deficit più grave (che hanno bisogno di un supporto significativo),
altri meno e, in ultimo, persone che conquistano la piena indipendenza
nell’arco della loro vita, come, ad esempio, quelle che hanno la Sindrome di
Asperger.
Parliamo di numeri: secondo i Centers for Disease
Control and Prevention (autorevoli enti di controllo della sanità pubblica
americana), negli Usa oggigiorno lo spettro autistico interessa circa 1 bambino
su 59.
Quando si manifesta lo spettro autistico?
I primi tratti compaiono intorno al primo anno di età,
tappa in cui si possono già individuare eventuali segni distintivi in
determinate aree dello sviluppo del bambino.
Una attenta osservazione può portare alla diagnosi
addirittura a 15-18 mesi.
È possibile, inoltre, che determinati comportamenti
peculiari si verifichino dalla nascita, come pure casi in cui il bambino non
manifesti alcun segnale sino ai 3 anni, perdendo, poi, le capacità acquisite
nel corso del tempo.
Nei primi anni di vita, per inciso da 0 e 3 anni
(tappa in cui si sviluppa maggiormente la corteccia cerebrale), il cervello è
molto plastico e per tale ragione è auspicabile attuare dei trattamenti
precoci.
Studi scientifici hanno evidenziato come la diagnosi
precoce dei bambini nello spettro autistico sia un fattore chiave per
consentire loro un miglior decorso delle fasi della crescita: esistono
trattamenti terapeutici “evidence based” che lavorano sugli aspetti
comportamentali, come pure sulle abilità socio-psicomotorie, da cui deriva un
netto innalzamento della qualità della vita dei bambini.
Da queste considerazioni si evince che si può
“cambiare la traiettoria” dello sviluppo dei bambini con autismo e che gli
screening e l’intervento precoce fanno la differenza!
L’esame di numerose immagini derivanti dalla risonanza
magnetica del cervello di oltre 100 bambini ha consentito a psichiatri,
neuroscienziati e bioricercatori dell’Università del North Carolina e
dell’Università di Washington di anticipare la diagnosi in bambini ad alto
rischio (aventi condizioni ereditarie tali da farlo presupporre) entro il
secondo anno di vita o, addirittura, ancora prima.
Da questo studio è emerso che la crescita troppo
rapida della superficie corticale e del volume del cervello nel primo e secondo
anno di vita è correlata a un elevato rischio di manifestazione del disturbo
dello spettro autistico. Si dispone, dunque, di un indicatore biologico che va
ad aggiungersi alle osservazioni psicodiagnostiche, entrambi importanti per
effettuare la diagnosi e per avviare interventi riabilitativi molto precoci.
Soffermiamoci, ora, sugli aspetti puramente pratici
che riguardano, in primis, la famiglia e poi il pediatra e tutte le altre
figure coinvolte: come bisogna muoversi?
Osservare il proprio figlio e monitorarne la crescita
è una prassi fondamentale.
C’è da dire che l’istinto di una madre o di un padre
difficilmente sbaglia.
Se una mamma riferisce al pediatra le proprie
perplessità e le paure in merito a determinati comportamenti, egli ha il dovere
sacrosanto di non minimizzare e di prestare la dovuta attenzione. In taluni
casi, potrebbe trattarsi di un falso allarme ma, in determinati altri, che sono
la maggioranza, il timore genitoriale ha fondatezza.
La diagnosi precoce è, dunque, frutto di un sistema
efficiente che, partendo dalla famiglia, passa dal pediatra, giunge al
neuropsichiatra infantile e, infine, a psicologi e tecnici esperti nei
trattamenti più idonei. Se viene a mancare un tassello di questo sistema,
difficilmente si giunge a una diagnosi precoce in tempi brevi.
Occorre, comunque, precisare che il pediatra, prima di
prescrivere la consulenza dello specialista dei disturbi dell’età evolutiva,
potrebbe ritenere utile e doveroso richiedere un test dell’udito, dal momento
che i problemi uditivi possono comportare dei deficit sociali. La valutazione
ha, dunque, lo scopo di escludere detti problemi come pure di individuare
determinate manifestazioni di ipo e/o ipersensibilità uditiva che possono
presentarsi insieme all’autismo.
Quali sono i segnali che un genitore non deve
sottovalutare?
Vediamoli insieme:
A. Il bambino
non si gira quando viene chiamato per nome;
B. Il bambino
non indica un oggetto di suo interesse;
C. Il bambino
non mantiene il contatto oculare con l’adulto;
D. Il bambino
non imita;
E. Il bambino
non sembra dimostrare attenzione ai rapporti sociali;
F. Il bambino
ha interessi ristretti e ripetitivi.
Quali sono, invece, le tappe evolutive della prima
infanzia, l’assenza delle quali può indurre genitori e pediatri a richiedere
una consulenza neuropsichiatrica infantile?
a 6 mesi: esternazione di sorrisi e manifestazioni di
gioia;
a 9 mesi: emissione di suoni o di espressioni
facciali;
a 12 mesi: produzione di gorgoglii e lallazione, come
pure di gestualità varia (puntare il dito, tendere mani e braccia, battere le
mani);
a 16 mesi: produzione di parole;
a 24 mesi: produzione di frasi.
La diagnosi precoce è frutto di lavoro di squadra,
dunque. Essa serve anche ai genitori, affinché convoglino le proprie energie
sui bisogni del bambino, inizino a documentarsi e si facciano guidare dai
terapisti, per agire in modo ottimale.
Prendersi cura di una persona con autismo è una sfida
quotidiana. Pur tuttavia, con la giusta preparazione e un intervento precoce, i
genitori possono percorrere la strada limitando di molto lo stress.
È importante, inoltre, che non vengano lasciati soli e
che vi siano un’azione, una comprensione e una consapevolezza comuni perché “il
lavoro di gruppo divide i compiti e moltiplica il risultato”.
Materia a cura di Elisa Minerva per Obiettivo in Salute.