venerdì 8 ottobre 2010

Di questa vergogna ... Nessuno ne parla... come mai?

Riporto integralmente in post interessante.
Bocciata l’ipotesi di abolizione Nessuna proposta contro i privilegi

di Paola Zanca

Altro che la disperata ricerca dei 316.
Il 21 settembre scorso, la maggioranza ha toccato quota 498. Un centinaio di parlamentari erano assenti. Ma non è difficile indovinare come avrebbero votato: no, respinta. In gioco c’è l’ipotesi di abolire l’assegno vitalizio, la pensione, dei deputati stessi. Del resto, perché negarsi la possibilità di prendere tremila euro al mese per il resto dei propri giorni lavorando solo cinque anni?
La pratica si sbriga in 4 minuti e 49 secondi. Antonio Borghesi, deputato Idv e primo firmatario dell'ordine del giorno, spiega ai colleghi che “non c'è nulla, ma proprio nulla, di demagogico in questa nostra proposta”: si può fare, avrebbe detto qualcuno. Basta che i contributi trattenuti nelle buste paga dei parlamentari vengano “versati presso l'ente previdenziale in base al lavoro che il deputato svolgeva precedentemente” . E se uno non ha mai fatto altro che il politico? “L'Inps ha un fondo di gestione separata, lo usano anche i co.co.co – spiega Borghesi – Si calcolano i contributi versati e si eroga la pensione di conseguenza, come per tutti i lavoratori del mondo”.
Il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi dà parere contrario e apre le votazioni. Niente da fare, solo in 22, tutti Idv, dicono yes, we can.
Gli altri non ci pensano nemmeno. “Se Borghesi avesse chiesto di intervenire sul passato, avremmo potuto discuterne – spiega il deputato Pd Erminio Quartiani, che ha seguito i lavori sul Bilancio – Ma ha proposto di abolire il vitalizio. Punto.
E questo è demagogico, populista, non tiene conto del risparmio di spesa che abbiamo già ottenuto e rafforza l'idea che il Parlamento debba essere composto da yes-men che rispondono a un capo che distribuisce prebende , perché loro non hanno autonomia economica”.
“Peccato non l'abbia detto quel giorno in aula – replica Borghesi – Se qualcuno si fosse alzato spiegando questo punto, avremmo potuto pensare come lavorarci su”. Invece no, tutti sono rimasti seduti al loro posto. Perché non si tratta solo di passare una vecchiaia serena, né di garantire che fare politica sia alla portata di tutti, poveri compresi. Nei 220 milioni di euro che ci accingiamo a spendere il prossimo anno (così come per quello passato e per quello dopo ancora) c'è di tutto di più. C'è chi da vent'anni prende una pensione per essere stato in Parlamento due mesi e qualche giorno: c'è l'avvocato Giovanni Valcavi, proclamato senatore il 27 marzo del 1991 e dimessosi il 18 giugno dello stesso anno, dall'aprile del '92 gode di un vitalizio di 3.108 euro al mese.
Frequentò poco il Palazzo anche l'ex leader di Potere Operaio Toni Negri: eletto nelle liste Radicali a luglio del 1983, fuggì in Francia dopo il sì all'autorizzazione a procedere per il suo arresto.
Borghesi ha calcolato la sua permanenza a Montecitorio in 64 giorni: tanto basta a garantirgli dal 1993 – anno del suo 60esimo compleanno – una pensione da 3.000 euro al mese.
Durò ancora meno – per la precisione un giorno – lo status da deputato di altri tre Radicali: Angelo Pezzana, Piero Graveri, Luca Boneschi. Si sono dimessi il giorno dopo l'elezione ma tuttora percepiscono 1.733 euro di vitalizio. Rita Bernardini alla votazione di quell'ordine del giorno, il 21 settembre, si è astenuta. “Come fai ad abolire il pregresso? - si interroga – Puoi fare scelte per il futuro, non per il passato”.
Ora, con la riforma introdotta dal governo Prodi, il diritto al vitalizio matura solo al termine di una legislatura completa (5 anni) e scatta al compimento dei 65 anni d'età. Il punto è che oggi continuiamo a pagare le regole scellerate del passato, quando bastava un giorno in Parlamento per garantirsi un futuro.
Poi si è passati a un minimo di 2 anni e mezzo, ma senza vincoli di anzianità, per avere la possibilità di riscattare anni di lavoro.
Se la sono pagata la pensione? Sarà, ma la sproporzione per i conti dello Stato è evidente: nel 2010 la Camera incasserà 11 milioni di euro di contributi riscattati e ne sborserà 139 per i vitalizi da erogare.
È così che – ricostruisce ancora Borghesi – il deputato di Forza Italia Antonio Martusciello, 48 anni, da 24 mesi riceve 7.959 euro lordi di vitalizio. Da luglio gli è stato sospeso perché è stato eletto commissario dell’Agcom (e solo grazie alla riforma del 2007 le due indennità sono incompatibili), ma può stare tranquillo che a fine mandato avrà ancora di che vivere.
L'ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio, deputato per 16 anni riceve 8.836 euro lordi al mese. Enrico Boselli (Sdi), 51 anni, 4 mandati e 7.958 al mese. Come Oliviero Diliberto, segretario del Pdci, 52 anni. Vitalizio da oltre 6.000 euro al mese anche per i cinquantenni (o poco più) Mauro Fabris dell'Udeur, l'ex segretario di Rifondazione Franco Giordano, Maurizio Ronconi dell'Udc, Dario Rivolta di Forza Italia.
Superano gli ottomila euro il 57enne Marco Taradash, il coetaneo Alfonso Gianni, e Vittorio Sgarbi, solo per citarne alcuni. Non può non fare un certo effetto pensare che i protagonisti degli anni bui della Prima Repubblica siano ancora foraggiati dallo Stato italiano.
È vero che l'ex ministro Claudio Martelli ha restituito 800 milioni di lire per sanare l'eventuale condanna (finita così in prescrizione) nella vicenda del Conto Protezione. È vero anche che ancora oggi ogni mese sul suo conto arrivano 8.455 euro come ricompensa della sua carriera in Parlamento.
O Paolo Pillitteri, ex sindaco di Milano, condannato negli anni Novanta per reati contro la Pubblica amministrazione: anche lui è stato deputato e anche lui ha diritto a più di quattro mila euro al mese.

Un contadino che si fa il culo per 40 anni prende 450 - 550 euro al mese di pensione!

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